La disciplina dei riposi è delineata dalla legge e dalla contrattazione collettiva. L’approfondimento ne presenta gli elementi essenziali, con particolare riferimento all’apparato sanzionatorio in caso di mancato godimento.
Normativa
L’art. 36, c. 3, Cost. sancisce il diritto irrinunciabile del lavoratore alle ferie annuali retribuite e al riposo settimanale.
Il diritto al riposo settimanale è regolato in dettaglio dall’art. 9 D.Lgs. 66/2003, attuativo delle Dir. CE 1993/104 e Dir. CE 2000/34.
Il riposo giornaliero è contemplato invece dall’art. 7 dello stesso decreto.
Sono esclusi dalla disciplina dell’intero D.Lgs. 66/2003, in virtù di quanto previsto dall’art. 2 dello stesso decreto:
- il lavoro della gente di mare (Dir. CE 1999/63);
- il personale di volo dell’aviazione civile (Dir. CE 2000/79);
- i lavoratori mobili delle imprese di autotrasporto di cui alla Dir. CE 2002/15;
- il personale della scuola (D.Lgs. 297/94);
- in presenza di particolari esigenze inerenti ai servizi espletati, i servizi di protezione civile compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, quelli svolti nell’ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e ordine e sicurezza pubblica, biblioteche, musei e aree archeologiche dello Stato.
Resta fermo che per il personale mobile in genere non si applica, tra l’altro, la disciplina in materia di riposo giornaliero e settimanale (art. 17, c. 6, D.Lgs. 66/2003).
La norma citata stabilisce che il lavoratore subordinato ha diritto ogni 7 giorni (ossia, dopo 6 giorni di attività lavorativa), ad un riposo della durata di 24 ore consecutive. Il periodo di riposo settimanale deve essere cumulato con il periodo di riposo giornaliero, pari a 11 ore ogni 24. Il riposo giornaliero, a sua volta, deve infatti essere goduto continuativamente, salvo che il lavoratore non sia impegnato in attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.
Caratteristiche del riposo giornaliero
Il lavoratore ha diritto (art. 7 D.Lgs. 66/2003) a 11 ore di riposo consecutive nell’arco delle 24 ore. Non sono computabili nel riposo giornaliero le pause “fisiologiche” dell’attività lavorativa, anche nel caso in cui non rientrino nell’orario di lavoro, quali:
- la pausa prevista dall’art. 8 D.Lgs. 66/2003 per orari di lavoro superiori alle 6 ore giornaliere;
- le pause brevi saltuarie e occasionali di cui all’art. 8, c. 3, che non sono considerate come orario di lavoro, o le pause anche superiori a 15 minuti concesse all’operaio nei lavori molto faticosi, che sono invece considerate come orario di lavoro effettivo;
- le pause destinate alla consumazione del pasto;
- le pause di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione.
Come accennato sopra, il riposo giornaliero deve essere fruito continuativamente, salvo il caso in cui il lavoratore sia impiegato in attività svolte in periodi frazionati durante la giornata (Circ. Min. Lav. 29 settembre 2010 n. 34), o in regime di reperibilità.
Fermo restando il rispetto dei principi generali in materia di salute e sicurezza, non sono soggetti alla disciplina del riposo giornaliero i lavoratori per i quali non è possibile predeterminare o misurare la prestazione lavorativa o che possono autonomamente determinare il proprio tempo di lavoro, elencati puntualmente dall’art. 17, c. 5, D.Lgs. 66/2003):
- dirigenti, personale direttivo o persone con autonomo potere decisionale;
- manodopera familiare;
- lavoratori nel settore liturgico di chiese e comunità religiose;
- lavoratori a domicilio o telelavoratori.
Non figurano in tale deroga i lavoratori agili, per i quali comunque l’art. 18 L. 81/2017 prevede il rispetto dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Si ricorda, in proposito che la legge non contiene la quantificazione della durata massima della prestazione giornaliera, che si ricava, per differenza appunto, dalle 11 ore di riposo di cui all’art. 7 D.Lgs. 66/2003, in forza delle quali la prestazione giornaliera non può superare le 13 ore.
È escluso inoltre dalla disciplina sul riposo giornaliero il personale mobile, in base all’art. 17, c. 6, D.Lgs. 66/2003.
La contrattazione collettiva nazionale può disporre deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero; nel settore privato, in mancanza di disciplina nazionale, può intervenire in tal senso anche la contrattazione collettiva territoriale o aziendale (art. 17, c. 1, D.Lgs. 66/2003).
L’art. 17, c. 2 e 3, D.Lgs. 66/2003 individua particolari attività o condizioni di lavoro per le quali, in mancanza di contrattazione collettiva, il ministero del Lavoro può stabilire con proprio decreto disposizioni derogatorie della disciplina relativa al riposo giornaliero. In ogni caso, le deroghe devono prevedere periodi di equivalente riposo compensativo o, laddove ciò non sia oggettivamente possibile, misure di appropriata protezione.
Caratteristiche del riposo settimanale
Il rispetto della disposizione è verificato come media nell’arco di 14 giorni (art. 9 c. 1 D.Lgs. 66/2003). Ciò significa che è possibile che il lavoratore svolga fino a 12 giorni di attività consecutivi, ai quali dovranno necessariamente seguire due interi giorni di riposo.
In sede di controllo, gli organi di vigilanza verificano che nei 13 giorni precedenti l’ultimo giorno di riposo sia stato goduto almeno un altro riposo, ripetendo la stessa verifica a ritroso per tutto il periodo oggetto di osservazione (Nota Min. Lav. 14 dicembre 2009 prot. N. 25/I/0019428). Il periodo di osservazione coincide con il quadrimestre previsto dall’art. 4, c. 3, D.Lgs. 66/2003, o con il maggior periodo (6 o 12 mesi) stabilito dalla contrattazione collettiva ai sensi del successivo comma 4 del medesimo art. 4. Il giorno di riposo coincide con la domenica, salvi i casi previsti dallo stesso art. 9.
Le caratteristiche principali del riposo settimanale sono dunque:
- la periodicità settimanale, calcolata come media nell’arco di 14 giorni;
- la consecutività delle 24 ore di riposo;
- il cumulo con il riposo giornaliero;
- la coincidenza con la domenica.
Per quanto riguarda il rapporto tra riposo settimanale e riposo giornaliero per un totale di 35 ore, il ministero del Lavoro (Risp. Interpello 11 ottobre 2007 n. 30) ha chiarito che l’art. 9, c. 1, D.Lgs. 66/2003, laddove dispone il cumulo tra i due riposi, intende evitare che gli stessi si sovrappongano, salvaguardandone l’effettività; ciò implica che le 35 ore di riposo non debbano essere godute necessariamente in modo consecutivo. Resta ferma, invece, la consecutività delle 24 ore di riposo settimanale.
Disposizioni derogatorie alla disciplina del riposo settimanale
L’art. 9, c. 2, D.Lgs. 66/2003 individua alcune situazioni per le quali è possibile derogare a tali regole:
- nel lavoro organizzato in turni (art. 1, c. 2 lett. f) e g), D.Lgs. 66/2003), ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l’inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
- attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
- nel settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario.
Inoltre, i contratti collettivi possono stabilire condizioni diverse, purché siano riconosciuti periodi equivalenti di riposo compensativo oppure sia accordata una “protezione appropriata” ai sensi dell’art. 17, c. 4, D.Lgs. 66/2003 nel caso in cui, eccezionalmente, non sia oggettivamente possibile la concessione del riposo compensativo.
Con riferimento alla sola coincidenza del riposo settimanale con la giornata della domenica, il comma 3 dello stesso art. 9 D.Lgs. 66/2003 individua puntualmente le caratteristiche delle attività che consentono lo spostamento del riposo ad altra giornata e il suo godimento mediante turni del personale, fermo restando che è comunque possibile per “il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi con turnazione particolare”:
- attività a c.d. “ciclo continuo”, quali quelle in cui si utilizzino forni a combustione o a energia elettrica ed operazioni collegate, attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate, o attività per le quali vi siano comunque ragioni tecniche per uno svolgimento continuativo;
- industrie stagionali che utilizzino materie prime o realizzino prodotti soggetti a rapido deterioramento, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all’anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;
- attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività, ovvero sia di pubblica utilità;
- attività che richiedano l’impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia;
- attività di vendita al dettaglio, gli stabilimenti termali e le attività elencate dall’art. 13 D.Lgs. 114/98.
Oltre al riposo compensativo, il lavoro nella giornata del riposo settimanale dà diritto alla maggiorazione retributiva prevista dal CCNL applicato.
Minori
I minori di età hanno diritto ad un riposo settimanale di almeno 2 giorni, possibilmente consecutivi e comprendenti la domenica. Il periodo di riposo può essere ridotto a 36 ore consecutive in presenza di comprovate ragioni di ordine tecnico e organizzativo.
Il riposo settimanale può essere concesso in giorno diverso dalla domenica in caso di:
- minori impiegati in attività di spettacolo, culturali, artistiche, sportive o pubblicitarie;
- adolescenti (minori di età compresa tra 15 e 18 anni, non più soggetti ad obbligo scolastico ex art. 1, c. 2 lett. b), L. 977/67), impiegati nei settori turistico, alberghiero o della ristorazione.
Sanzioni
Le sanzioni previste dall’art. 18 bis, cc. 3 e 4, D.Lgs. 66/2003, che riguardano rispettivamente il riposo giornaliero e il riposo settimanale, sono soggette sia al raddoppio dell’importo ivi indicato, operato dall’art. 14, c. 1 lett. c.), DL 145/2013 conv. in L. 9/2014, sia all’ulteriore aumento del 20%, recato dall’art. 1, c. 445 lett. d) n. 1), L. 145/2018.
Per la violazione del diritto al riposo giornaliero sono previste quindi le seguenti sanzioni:
- sanzione amministrativa pecuniaria da € 120 a € 360;
- se la violazione è riferita a più di 5 lavoratori o si verifica in almeno 3 periodi di 24 ore, da € 720 a € 2.400;
- se la violazione è riferita a più di 10 lavoratori o si verifica in almeno 5 periodi di 24 ore, da € 2.160 a € 3.600 e non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all’art. 16 L. 689/81;
L’attuale assetto sanzionatorio per la violazione del diritto al riposo settimanale è il seguente:
- sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di € 240 ad un massimo di € 1.800;
- se la violazione interessa più di 5 lavoratori o si è verificata in almeno 3 periodi di riferimento, la sanzione va da € 960 a € 3.600;
- se la violazione è riferita a più di 10 lavoratori o si è verificata in almeno 5 periodi di riferimento, la sanzione va da € 2.400 a € 12.000 e non è ammesso in pagamento in misura ridotta di cui all’art. 16 L. 689/81.
Naturalmente, la violazione non è materialmente sanabile; pertanto, non si applica l’istituto della diffida di cui all’art. 13 D.Lgs. 124/2004. Prima di contestare la sanzione, gli organi ispettivi devono aver cura di verificare l’eventuale esistenza di deroghe della contrattazione collettiva.
La sanzione è irrogata anche laddove, pur consentendo la fruizione del riposo per 24 ore consecutive, non sia stato concesso il cumulo con e 11 ore di riposo giornaliero nei termini sopra specificati (Circ. Min. Lav. 3 marzo 2005 n. 8).
Come chiarito a suo tempo dal ministero del Lavoro (Nota 14 dicembre 2009 prot. N. 25/I/0019428), una pluralità di violazioni riferite al medesimo lavoratore all’interno di uno stesso periodo di riferimento comporta l’irrogazione di una sola sanzione. Diversamente, quando la violazione riguarda più lavoratori, sarà contestata una sanzione per ciascuno di essi.
I “periodi di riferimento” sono quelli previsti dall’art. 4, cc. 3 o 4, di cui sopra (4, 6 o 12 mesi).
Ricordiamo che la L. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) ha previsto che la maggiorazione del 20% sia raddoppiata in caso di “recidiva”, ossia allorquando il datore di lavoro sia stato già destinatario di sanzioni per le medesime violazioni nei tre anni precedenti. Per la valutazione della recidiva si fa riferimento agli illeciti definitivamente accertati, che sono tali (Nota INL 5 febbraio 2019 n. 1148):
- allo spirare del termine per impugnare l’ordinanza-ingiunzione ex art. 18 L. 689/81;
- all’avvenuto pagamento della sanzione derivante dall’ordinanza-ingiunzione;
- al passaggio in giudicato della sentenza che respinga l’impugnazione dell’ordinanza-ingiunzione.
Solo in tali casi si applica la maggiorazione raddoppiata, che è invece esclusa in caso di estinzione dell’illecito amministrativo derivante dal pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell’art. 16 L. 689/81, a seguito dell’emissione del verbale di contestazione dell’illecito amministrativo.
Con riguardo all’applicazione del c.d. “cumulo giuridico” di cui all’art. 8 L. 689/81, nel caso di violazione contestuale della disciplina inerente sia al riposo giornaliero sia al riposo settimanale, si ricorda che il ministero del Lavoro (Circ. Min. Lav. 3 marzo 2005 n. 8; Risp. Interpello 19 ottobre 2009 n. 76), ammette il cumulo, ma solo in sede di ordinanza-ingiunzione. Gli organi ispettivi, infatti, non possono applicare tale istituto, che richiede potestà discrezionali esercitabili solo dall’autorità che riceve il rapporto a norma dell’art. 17 L. 689/81. Si ricorda che l’istituto del cumulo giuridico prevede che nel caso in cui, con un’unica azione od omissione, si violino diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative oppure si violi più volte la stessa disposizione, si debba applicare la sola sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo. Tuttavia, nel caso di mancata concessione del riposo a più lavoratori non può parlarsi di unica azione od omissione, essendo il diritto al riposo un diritto soggettivo posto a tutela della sfera personale del singolo lavoratore, ragione per cui il beneficio del cumulo giuridico non può trovare applicazione (Trib. Milano 26 novembre 2009 n. 7293).
Altre conseguenze della violazione
Il mancato riposo dà diritto al lavoratore, oltre alla maggiorazione della retribuzione, al risarcimento del danno per usura psico-fisica. Tale danno, secondo la corte di Cassazione (Cass. 10 agosto 2015, n. 16665), deve essere liquidato in via equitativa, prendendo a parametro le maggiorazioni previste dal CCNL per lavoro straordinario, notturno e festivo. Secondo Cass. 23 maggio 2014 n. 11581, il lavoratore che voglia far valere l’usura psico-fisica o la lesione del diritto alla salute o del diritto alla libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana è tenuto ad allegare e provare il pregiudizio di tali diritti; nell’ambito di tale prova, può assumere rilevanza il consenso del lavoratore o la sua richiesta di prestare attività lavorativa proprio nel giorno destinato al riposo.
Tuttavia, la Cass. 15 luglio 2019, ex multis, afferma che “la mancata fruizione del riposo settimanale è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto perché “l’interesse del lavoratore leso dall’inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell’art. 36 Cost., sicché la lesione dell’interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno…”.