Regime Iva delle vendite a distanza

Dal 1° luglio 2021, a seguito del recepimento delle novità e-commerce introdotte dall’art. 2 Dir. 2017/2455/UE, le vendite a distanza di beni in ambito intracomunitario a destinazione di privati consumatori, al pari delle vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi, sono soggette a un nuovo regime impositivo, oggetto di disamina con il presente contributo. Si analizza, poi, la disciplina IVA delle vendite a distanza effettuate in ambito interno e nei confronti di clienti extracomunitari.

Inquadramento

Dal punto di vista dell’IVA, le vendite a distanza devono essere esaminate sia per ciò che riguarda i rapporti interni, che per quelli con l’estero, a loro volta distinguendo i rapporti con clienti di altri Stati membri della UE da quelli con clienti di Stati extra-UE.

Nell’ambito dei rapporti intracomunitari ed extracomunitari con clienti non soggetti passivi IVA, il D.Lgs. 83/2021 ha recepito le novità intervenute in tema di e-commerce sul piano comunitario, in vigore dal 1° luglio 2021.

Vendite a distanza a favore di clienti italiani

Se per le vendite a distanza a favore di soggetti che agiscono nell’esercizio d’impresa o di arte o professione è obbligatoria l’emissione della fattura, per le analoghe operazioni a destinazione di privati consumatori operano le semplificazioni previste per le vendite per corrispondenza, cosicché non è obbligatoria (Ris. AE 5 novembre 2009 n. 274/E):

  • l’emissione della fattura, salvo che la stessa sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione della cessione, come previsto dall’art. 22 c. 1 n. 1) DPR 633/72;
  • il rilascio dello scontrino o della ricevuta fiscale, il cui esonero è previsto dall’art. 2 lett. oo) DPR 696/96.

L’art. 1 c. 1 lett. a) DM 10 maggio 2019 esclude temporaneamente dagli obblighi di memorizzazione e di trasmissione telematica dei corrispettivi le operazioni già esonerate dalla certificazione fiscale ai sensi dell’art. 2 DPR 696/96, restando ferma – ai sensi dell’art. 1 c. 3 DM 10 maggio 2019 – la possibilità di memorizzare e trasmettere i dati su base facoltativa.

corrispettivi giornalieri delle vendite, comprensivi dell’IVA, devono essere annotati nel registro di cui all’art. 24 DPR 633/72 entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione. In sede di liquidazione periodica, occorre scorporare l’IVA con il metodo previsto dall’art. 27 DPR 633/72.

L’art. 1 c. 151 L. 197/2022 (legge di Bilancio 2023) ha introdotto uno specifico obbligo comunicativo per i soggetti passivi IVA che facilitano, tramite l’uso di un’interfaccia elettronica, le vendite di determinati beni mobili a privati consumatori, che saranno individuati mediante decreto ministeriale (la Relazione illustrativa al disegno di Legge di Bilancio 2023 richiama i telefoni cellulari, le console da gioco e i tablet PC).

Il nuovo obbligo comunicativo ha per oggetto soltanto le vendite a distanza interne al territorio italiano facilitate da un’interfaccia elettronica, non applicandosi a quelle che, a decorrere dal 1° luglio 2021, rientrano nella disciplina dettata dall’art. 2-bis DPR 633/72, vale a dire:

  • le vendite a distanza intracomunitarie di beni e le cessioni di beni con partenza e arrivo della spedizione o del trasporto nel territorio dello stesso Stato membro a destinazione di privati consumatori, effettuate da soggetti passivi non stabiliti nell’Unione europea;
  • le vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi in spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro.

soggetti passivi che facilitano, tramite l’uso di interfacce elettroniche, le vendite di beni esistenti nel territorio dello Stato effettuate nei confronti di consumatori finali dovranno trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai fornitori e alle operazioni effettuate.

Vendite a distanza a favore di clienti extracomunitari

Se i beni oggetto di vendita a distanza sono destinati a clienti stabiliti al di fuori della UE, il cedente italiano pone in essere una cessione all’esportazione, non imponibile IVA ai sensi dell’art. 8 c. 1 DPR 633/72, a prescindere dalla qualifica del destinatario, soggetto IVA o meno.

In via di principio, l’esonero dagli obblighi di fatturazione, di certificazione fiscale alternativa dei corrispettivi e di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, opera anche per le vendite a distanza a favore di clienti extracomunitari.

Tuttavia, è opportuno non avvalersi dell’esonero previsto dall’art. 22 DPR 633/72, in quanto la fattura è richiesta, in dogana, ai fini del vincolo dei beni all’esportazione. La fattura deve essere, pertanto, emessa con l’annotazione “operazione non imponibile” e con l’eventuale indicazione della norma, comunitaria o nazionale, di riferimento, come stabilito dall’art. 21 c. 6 lett. b) DPR 633/72.

Il cedente deve acquisire la prova dell’avvenuta esportazione. A seguito dell’introduzione delle procedure di esportazione informatizzate denominate Export Control System (ECS), basate sullo scambio di messaggi informatici tra l’Ufficio doganale di uscita e quello in cui è presentata la dichiarazione di esportazione, la prova dell’esportazione è data da un messaggio informatico (“risultati di uscita”) trasmesso dalla Dogana di uscita alla Dogana di esportazione e registrato sul sistema informativo doganale AIDA.

Ciò che rileva, pertanto, sono i dati contenuti nel sistema AIDA non l’eventuale stampa di tale comunicazione detenuta dall’operatore, tant’è che il dato di cui è in possesso l’Amministrazione doganale equivale alla prova di uscita fornita con il sistema cartaceo dal timbro apposto dalla Dogana di uscita sul retro dell’esemplare 3 della dichiarazione doganale (Nota AD 27 giugno 2007 n. 3945).

La regolare uscita della merce può essere accertata dallo stesso operatore consultando un’apposita sezione del sito istituzionale dell’Agenzia delle Dogane, mediante la digitazione del codice dell’operazione, ossia del Movement Reference Number (MRN).

Tale numero è riportato sulla dichiarazione di esportazione (DAE) che viene rilasciato dall’Amministrazione doganale al momento della presentazione della dichiarazione doganale.

Vendite a distanza a favore di clienti comunitari

Infine, nel caso in cui i beni oggetto di vendita a distanza sono destinati a clienti stabiliti in altri Stati membri, occorre distinguere a seconda che il destinatario agisca o meno nell’esercizio di un’attività d’impresa, di arte o professione.

In caso affermativo, la cessione assume natura intracomunitaria ed è soggetta a IVA nello Stato membro di arrivo dei beni con il sistema del reverse charge, con la conseguenza che il cedente italiano è tenuto a emettere fattura con il titolo di non imponibilità di cui all’art. 41 c. 1 lett. a) DL 331/93.

In caso negativo, cioè nell’ipotesi in cui il destinatario dei beni sia un privato consumatore, la cessione è soggetta a una particolare disciplina che è stata modificata, con effetto dal 1° luglio 2021, dal D.Lgs. 83/2021, di recepimento dell’art. 2 Dir. 2017/2455/UE.

Disciplina in vigore dal 1° luglio 2021

Il 1° luglio 2021 sono entrate in vigore le novità in tema di e-commerce introdotte dal D.Lgs. 83/2021 che hanno ridefinito la disciplina delle vendite a distanza di beni in ambito intracomunitario a favore di privati consumatori.

Il citato D.Lgs. 83/2021 ha, inoltre, regolato le vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi, che – come le vendite a distanza intracomunitarie di beni – possono anche essere effettuate per mezzo di un’interfaccia elettronica (e-commerce).

 

Vendite a distanza intracomunitarie di beni

In base al novellato art. 38-bis c. 1 DL 331/93, le vendite a distanza intracomunitarie di beni sono definite come le cessioni di beni trasportati/spediti dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto/spedizione dei beni, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione/trasporto, a destinazione:

  • di persone fisiche non soggetti d’imposta;
  • dei soggetti nei cui confronti sono effettuate cessioni non imponibili ai sensi dell’art. 72 c. 1 DPR. 633/72 (es. organismi internazionali e consolari);
  • di cessionari non tenuti ad applicare l’IVA sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa, con esclusione dei beni soggetti ad accisa.

L’art. 38-bis c. 3 DPR 633/72 esclude dall’ambito delle vendite a distanza:

  • le cessioni di mezzi di trasporto nuovi;
  • le cessioni di beni da installare, montare o assiemare a cura del fornitore o per suo conto nello Stato di arrivo del trasporto/spedizione.

La Relazione illustrativa dello schema del D.Lgs. 83/2021 specifica che la disciplina delle vendite a distanza si applica anche alle cessioni di beni soggetti ad accisa, a meno che le stesse siano effettuate nei confronti di:

  • entiassociazioni e altre organizzazioni di cui all’art. 4 c. 4 DPR 633/72, non soggetti passivi d’imposta;
  • soggetti passivi per i quali l’imposta è totalmente indetraibile;
  • produttori agricoli di cui all’art. 34 DPR 633/72 che non abbiano optato per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari;
  • soggetti che applicano il regime del margine.

Ne discende che, per l’applicazione della disciplina delle vendite a distanza, i beni soggetti ad accisa devono essere ceduti:

  • a persone fisiche non soggetti d’imposta;
  • agli organismi internazionali o consolari di cui all’art. 72 c. 1 DPR 633/72, o individuati negli altri Stati membri in conformità all’art. 151 Dir. 2006/112/CE.

 

Vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi

Il novellato art. 38-bis c. 2 DL 331/93 fornisce la definizione delle vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi, considerando tali le cessioni di beni trasportati/spediti dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto/spedizione dei beni, da un territorio o Paese terzo, con arrivo del trasporto/spedizione in uno Stato membro, a destinazione:

  • di persone fisiche non soggetti d’imposta;
  • dei soggetti nei cui confronti sono effettuate cessioni non imponibili ai sensi dell’art. 72 c. 1 DPR 633/72 (es. organismi internazionali consolari);
  • di cessionari non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa, con esclusione dei beni soggetti ad accisa.

Come per le vendite a distanza intracomunitarie di beni, sono escluse dall’ambito applicativo delle vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi:

  • le cessioni di mezzi di trasporto nuovi;
  • le cessioni di beni da installare, montare o assiemare a cura del fornitore o per suo conto nello Stato di arrivo del trasporto/spedizione.

 

Intervento indiretto del fornitore nel trasporto/spedizione

Tenuto conto che la disciplina delle vendite a distanza intracomunitarie e delle vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi presuppone che i beni siano trasportati/spediti dal fornitore, o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto/spedizione, l’art. 5-bis Reg. 282/2011/UE, inserito dal Reg. 2026/2019/UE, nel recepire le indicazioni fornite dal Comitato IVA nel Working Paper n. 855 del 5 maggio 2015, individua i casi in cui può ricorrere l’intervento indiretto del fornitore nel trasporto/spedizione, vale a dire quando:

  • il trasporto/spedizione dei beni è subappaltato dal fornitore a un terzo che consegna i beni all’acquirente;
  • il trasporto/spedizione dei beni è effettuato da un terzo, ma il fornitore assume la responsabilità totale o parziale della consegna dei beni all’acquirente;
  • il fornitore fattura e riscuote le spese di trasporto dall’acquirente per poi trasferirle a un terzo che organizza il trasporto/spedizione dei beni;
  • il fornitore promuove con ogni mezzo i servizi di consegna di un terzo presso l’acquirente, mette in contatto l’acquirente e un terzo o comunica in altro modo a un terzo le informazioni necessarie per la consegna dei beni al consumatore

Si considera, invece, che i beni non siano trasportati/spediti da o per conto del fornitore quando l’acquirente effettua egli stesso il trasporto dei beni o ne organizza la consegna con un terzo e il fornitore non interviene direttamente o indirettamente per effettuare il trasporto/spedizione dei beni o per coadiuvarne l’organizzazione.

 

Luogo di effettuazione delle vendite a distanza intracomunitarie di beni

Per semplificare gli oneri per le imprese di ridotte dimensioni, le modifiche operate dal D.Lgs. 83/2021 superano, dal 1° luglio 2021, il precedente sistema basato sull’applicazione alternata dell’IVA nello Stato membro di origine e nello Stato membro di destinazione dei beni in funzione della soglia annua pari a € 100.000,00, o all’eventuale minore ammontare stabilito dallo Stato membro di destinazione.

Il riformulato art. 41 c. 1 lett. b) DL 331/93 prevede un’unica soglia di € 10.000, al netto dell’IVA, riferita al volume:

  • delle vendite a distanza intracomunitarie di beni effettuate, all’interno della UE, a destinazione di privati consumatori;
  • delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici effettuate, sempre a favore di privati consumatori, in Stati membri diversi da quello di stabilimento del fornitore.

Come per il previgente sistema, se, nel corso dell’anno, il predetto limite viene superato, l’IVA è dovuta nello Stato membro di destinazione dei beni, dove l’operazione si considera territorialmente rilevante; in caso contrario, a meno che il fornitore non opti per l’imposizione nello Stato membro di destinazione, la cessione si considera effettuata nello Stato membro di origine, vale a dire in quello da dove i beni partono a destinazione del cessionario.

L’imponibilità nello Stato membro di destinazione avviene a partire dalla cessione che determina il superamento della soglia, come previsto dall’art. 14 Reg. 282/2011/UE.

 

Luogo di effettuazione delle vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi

Il nuovo art. 40 c. 4-ter DL 331/93 stabilisce che le vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi trasportati/spediti in altro Stato membro si considerano effettuate nel territorio dello Stato se ivi è situato il luogo di arrivo del trasporto/spedizione.

Le vendite a distanza di beni importati nello Stato, con arrivo del trasporto/spedizione nello Stato medesimo, si considerano, invece, ivi effettuate se dichiarate nell’ambito del regime speciale IOSS (Import One Stop Shop), di cui al nuovo art. 74-sexies.1 DPR 633/72.

Il nuovo art. 41 c.1 lett. b-bis) DL 331/93 dispone che assumono rilevanza in Italia le vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi nel territorio dello Stato spediti/trasportati a destinazione di altro Stato membro.

 

Intervento delle interfacce elettroniche nelle vendite a distanza

Come evidenziato dal considerando 7) della Dir. 2017/2455/UE, gran parte delle vendite a distanza di beni, forniti da uno Stato membro all’altro e da territori o Paesi terzi a destinazione della UE, è facilitata tramite l’uso di un’interfaccia elettronica quale un mercato virtuale (marketplace), una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, spesso con il ricorso a sistemi di deposito logistico. Per assicurare la riscossione effettiva ed efficace dell’imposta e ridurre gli oneri amministrativi per i venditori, le Amministrazioni fiscali e i consumatori, è stato ritenuto necessario coinvolgere i soggetti passivi che facilitano le vendite a distanza di beni tramite l’uso di una interfaccia elettronica nella riscossione dell’IVA sulle suddette vendite.

A tale fine, i soggetti che facilitano le vendite attraverso l’uso di piattaforme elettroniche a distanza sono considerati coloro che effettuano le vendite in questione (art. 14-bis Dir. 2006/112/CE). Per le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o Paesi terzi nella UE, la presunzione è limitata alle vendite di beni spediti o trasportati in spedizioni di valore intrinseco non superiore a € 150, indicati come beni di scarso valore.

In base al citato art. 14-bis Dir. 2006/112/CE, il soggetto passivo che facilita la cessione tramite interfacce elettroniche:

  • si considera abbia acquistato e ceduto egli stesso le merci (cd. deemed supplier);
  • viene trattato come se egli fosse il fornitore reale dei beni ai fini dell’IVA, assumendo i diritti e gli obblighi IVA del fornitore sottostante (cd. underlying supplier).

Ne consegue che le suddette vendite a consumatori finali, effettuate tramite una interfaccia elettronica, si presume che diano luogo a due operazioni, di cui una cessione dal fornitore sottostante all’interfaccia elettronica (fornitura B2B) e una cessione dall’interfaccia elettronica al cliente (fornitura B2C).

Ai sensi del nuovo art. 2-bis DPR 633/72, il soggetto passivo che facilita la vendita attraverso l’utilizzo dell’interfaccia elettronica è considerato, quindi, quale rivenditore dei beni nelle seguenti due ipotesi:

  • vendite a distanza di beni importati dai territori o Paesi terzi di valore intrinseco non superiore a € 150;
  • vendite di beni all’interno della UE da parte di un soggetto passivo non stabilito nella UE a un non soggetto passivo, laddove nell’ambito di tale fattispecie sono comprese sia le vendite a distanza intracomunitarie di beni che le cessioni domestiche, vale a dire le vendite di beni in partenza da magazzini presenti nel territorio di uno Stato e arrivo a un consumatore nello stesso Stato, a condizione che il fornitore sottostante sia un soggetto extra-UE.

Con la Risp. AE 21 aprile 2022 n. 205, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le vendite a distanza aventi per oggetto beni acquistati in Italia per essere ceduti a consumatori italiani o di altri Paesi UE per mezzo di un’interfaccia elettronica non rientrano nell’ambito applicativo della “finzione giuridica” che considera il gestore dell’interfaccia quale rivenditore dei beni. Le predette vendite a distanza vanno, pertanto, assoggettate all’ordinario regime impositivo previsto per le operazioni di commercio elettronico indiretto, distinguendo a seconda che gli acquirenti siano italiani o di altri Paesi UE.

Nel caso di specie, la “finzione giuridica” prevista dall’art. 2-bis DPR 633/72 non è applicabile in quanto non risultano rispettate le condizioni previste dalla norma. In particolare, sia quella riferita al luogo di stabilimento del cedente al di fuori della UE, sia quella relativa ai beni che, al di là del loro valore intrinseco, devono essere importati da territori o Paesi terzi.

Casi in cui non si applica la disciplina delle vendite a distanza

L’art. 5-ter Reg. 282/2011/UE, introdotto dal Reg. 2026/2019/UE, definisce le ipotesi in cui si considera che un soggetto passivo che gestisce l’interfaccia elettronica non facilita le cessioni di beni e, pertanto, non assume il ruolo di “rivenditore” ai fini dell’IVA.

Il termine “facilita” designa l’uso di un’interfaccia elettronica che consenta a un acquirente e a un fornitore che pone in vendita beni tramite l’interfaccia elettronica di stabilire un contatto che dia luogo a una cessione di beni tramite detta interfaccia elettronica. Tuttavia, il soggetto passivo non facilita una cessione di beni se:

  • non stabilisce, direttamente o indirettamente, alcuno dei termini e delle condizioni in base alle quali è effettuata la cessione di beni;
  • non partecipa, direttamente o indirettamente, all’autorizzazione della riscossione presso l’acquirente del pagamento effettuato;
  • non partecipa, direttamente o indirettamente, all’ordine o alla consegna dei beni.

La disciplina delle vendite a distanza tramite interfacce non si applica al soggetto passivo che effettui unicamente:

  • il trattamento dei pagamenti in relazione alla cessione di beni;
  • la catalogazione o la pubblicità di beni;
  • il reindirizzamento o il trasferimento di acquirenti verso altre interfacce elettroniche in cui sono posti in vendita beni, senza ulteriori interventi nella cessione.

 

Luogo di effettuazione della cessione

In base al nuovo art. 38-bis c. 4 DL 331/93, per le vendite a distanza facilitate attraverso l’uso delle piattaforme elettroniche, il trasporto/spedizione è imputato alla cessione che si considera effettuata dal soggetto che gestisce la piattaforma elettronica.

Di conseguenza, la fornitura B2B, in quanto cessione senza trasporto/spedizione, si considera effettuata nel luogo in cui il bene si trova al momento della cessione, mentre la fornitura B2C, in quanto cessione con trasporto/spedizione, si considera effettuata nel luogo di arrivo dei beni.

 

Momento di effettuazione della cessione, esenzione e detrazione

Come previsto dal novellato art. 6 c. 7 DPR 633/72, il momento di effettuazione dell’operazione – al quale corrisponde il momento di esigibilità della relativa imposta – coincide con l’accettazione del pagamento del corrispettivo per entrambe le forniture (B2B e B2C).

La fornitura B2B, ove territorialmente rilevante in Italia, è esente da IVA con obbligo di fatturazione (art. 10 c. 3 DPR 633/72), ma l’esenzione non influisce sul calcolo del pro rata di detrazione e, secondo l’art. 19 c. 3 lett. d-bis) DPR 633/72, è detraibile l’imposta assolta sull’acquisto di beni/servizi utilizzati per effettuare la fornitura B2B.

 

Obblighi di documentazione delle interfacce elettroniche

L’art. 39 c. 4 DPR 633/72 stabilisce che i soggetti passivi che facilitano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di cessionari o di committenti non soggetti passivi IVA tramite l’uso di un’interfaccia elettronica, quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, conservano per un periodo di dieci anni, a partire dal 31 dicembre dell’anno in cui l’operazione è stata effettuata, la documentazione di cui all’art. 54-quater Reg. 282/2011/UE, relativa a tali cessioni o prestazioni.

La documentazione è fornita per via elettronica, su richiesta, all’Amministrazione finanziaria e alle Autorità fiscali degli Stati membri nei quali le operazioni si considerano effettuate.

 

Disciplina in vigore fino al 30 giugno 2021

Per le vendite a distanza di beni a favore di privati consumatori di altri Stati membri, già nella disciplina in vigore fino al 30 giugno 2021, era prevista l’imposizione nello Stato membro di destinazione dei beni, a condizione che le vendite effettuate nel singolo Stato membro siano superiori alla soglia annua stabilita dallo Stato di destinazione.

La soglia persegue un duplice obiettivo, essendo diretta (Ris. AE 25 settembre 2012 n. 90/E):

  • a evitare che, per i beni venduti tramite la particolare modalità del commercio a distanza, gli acquisti di privati consumatori vengano deviati a favore degli Stati membri che applicano aliquote più basse;
  • ad assicurare condizioni eque di concorrenza tra gli Stati membri.

Ai sensi del previgente art. 41 c. 1 lett. b) DL 331/93 si considerano non imponibili in Italia le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa.

 

Soglie previste dagli Stati membri di destinazione dei beni

Ai fini della tassazione nello Stato membro di destinazione, è richiesto che le cessioni effettuate in altro Stato membro siano superiori, nell’anno precedente e/o nell’anno in corso, a € 100.000,00, o all’eventuale minore ammontare al riguardo stabilito da tale Paese a norma dell’art. 34 Dir. 2006/112/CE, fermo restando che, oltre ai beni soggetti ad accisa, la disciplina in esame non si applica alle cessioni di mezzi di trasporto nuovi e alle cessioni di beni da installare, montare o assiemare da parte del fornitore o per suo conto.

Stato membro

Soglia

Stato membro

Soglia

Austria

35.000 €

Svezia

320.000 SEK

Belgio

35.000 €

Finlandia

35.000 €

Olanda

100.000 €

Cipro

35.000 €

Danimarca

280.000 DKK

Estonia

35.000 €

Germania

100.000 €

Lettonia

35.000 €

Grecia

35.000 €

Lituania

35.000 €

Spagna

35.000 €

Malta

35.000 €

Francia

35.000 €

Polonia

160.000 PLN

Irlanda

35.000 €

Repubblica Ceca

1.140.000 CZK

Italia

35.000 €

Slovacchia

35.000 €

Lussemburgo

100.000 €

Slovenia

35.000 €

Portogallo

35.000 €

Ungheria

35.000 €

Gran Bretagna

70.000 GBP

Bulgaria

70.000 BGN

Romania

118.000 RON

Croazia

270.000 HRK

Opzione per l’imposizione nello Stato membro di destinazione dei beni

Il citato art. 41 c. 1 lett. b) DL 331/93 stabiliva che, nel caso in cui la soglia annua non sia superata, al cedente è concessa la facoltà di optare per l’applicazione dell’imposta nello Stato membrodi destinazione.

Ferma restando la rilevanza del comportamento concludente del contribuente, l’opzione:

  • ha effetto a decorrere dall’anno nel corso del quale è esercitata;
  • è valida fino a quando non venga revocata e, in ogni caso, fino al compimento del biennio successivo all’anno nel corso del quale è esercitata, purché ne permangano i presupposti;
  • deve essere comunicata, come anche la sua revoca, nella dichiarazione IVA relativa all’anno in cui è stata effettuata la scelta (righi VO10 e VO11, rispettivamente per l’opzione e la revoca).

 

 

 

Superamento della soglia in corso d’anno

In base all’art. 14 Reg. 282/2011/UE, il superamento in corso d’anno della soglia non ha effetto sulle operazioni già effettuate nell’anno, che restano pertanto soggette a IVA nello Stato membro del cedente. Pertanto, il superamento in corso d’anno della soglia dà luogo all’imposizione nello Stato membro di destinazione dei beni a partire dalla cessione che ha determinato lo “sforamento”, con effetto per tutte le vendite a distanza effettuate nell’anno in corso e in quello successivo.

 

Irrilevanza delle modalità di organizzazione e di esecuzione della vendita

L’art. 11-quater c. 1 DL 35/2005 chiarisce che la locuzione “cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili”, prevista dalle disposizioni nazionali che disciplinano, ai fini IVA, le vendite a distanza in ambito intracomunitario, deve intendersi riferita alle cessioni di beni con trasporto a destinazione da parte del cedente, a nulla rilevando le modalità di effettuazione dell’ordine di acquisto.

In altri termini, ciò che essenzialmente qualifica, in base alla disciplina comunitaria, le vendite a distanza è che il trasporto della merce è effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto nei confronti di un acquirente che opera come privato consumatore, e non tanto la circostanza che, nella conclusione del relativo contratto, il cliente e il fornitore si avvalgono di mezzi tecnologici di comunicazione a distanza (fax, telefono, e-mail, ecc.).

Pertanto, le cessioni di beni sono ammesse al regime di non imponibilità e devono essere assoggettate a imposta nello Stato membro di destinazione – anche se concluse presso il punto vendita del fornitore – quando il trasporto a destinazione dell’acquirente in altro Stato membro viene eseguito a opera del cedente, configurandosi come accessorio all’operazione principale di cessione (Circ. AE 13 giugno 2006 n. 20/E, par. 3).

 

Rimborso dell’IVA erroneamente pagata

Per evitare fenomeni di doppia imposizione che potrebbero verificarsi quando lo Stato membro di destinazione dei beni pretende il pagamento dell’imposta sull’operazione già tassata in Italia, l’art. 11-quater c. 2 DL 35/2005 prevede che il soggetto passivo italiano possa chiedere la restituzione dell’IVA assolta in Italia entro il termine di due anni dalla notifica dell’atto impositivo da parte della competente Autorità fiscale estera.

Tale ipotesi ricorre quando la vendita è stata indebitamente assoggettata a imposta in Italia in quanto ritenuta “sotto soglia”, per poi essere regolarmente tassata anche nello Stato membro di destinazione.

Il soggetto passivo italiano può avvalersi del cd. rimborso anomalo, di cui all’art. 21 c. 2 D.Lgs. 546/92 (ora art. 30-ter c. 1 DPR 633/72). In questo caso, la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, o, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione (Circ. AE 13 giugno 2006 n. 20/E, par. 3).

Il citato art. 11-quater c. 2 DL 35/2005 prevede inoltre che, su richiesta del contribuente, il rimborso può essere effettuato anche tramite il riconoscimento, con provvedimento formale da parte del competente ufficio delle Entrate, di un credito di corrispondente importo utilizzabile in compensazione “orizzontale”, ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. 241/97.

In proposito, la circolare citata ha precisato che:

  • il provvedimento che consente di compensare l’imposta indebitamente versata con altri debiti IVA (compensazione “verticale”) o con debiti per altri tributi e contributi (compensazione “orizzontale”) va adottato solo dopo che l’ufficio competente, in ragione del domicilio fiscale del richiedente, abbia accertato l’esistenza dei presupposti del credito;
  • ai fini del rimborso, non è sufficiente il mero avvio della procedura di controllo da parte dell’Autorità fiscale dell’altro Stato membro, ma occorre che quest’ultima faccia valere la pretesa impositiva tramite notifica del relativo atto di accertamento. Il rimborso ha, infatti, a oggetto l’IVA relativa alle operazioni per le quali sia definitivamente accertata la debenza nell’altro Stato membro, sempreché la stessa sia stata precedentemente versata all’Erario italiano.

Con la Risp. AE 16 aprile 2021 n. 255, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, per il recupero dell’IVA erroneamente versata in Italia per i periodi d’imposta non ancora accertati dall’Autorità fiscale dello Stato membro di destinazione dei beni, non è ammesso:

  • il ricorso alla dichiarazione integrativa di cui all’art. 2 c. 8 DPR 322/98;
  • il rimborso ex art. 38 DPR 602/73;
  • il ricorso alla dichiarazione integrativa ex art. 8 c. 6-bis DPR 322/98, secondo cui, salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione dell’art. 13 D.Lgs. 472/97, la dichiarazione IVA può essere integrata per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile, mediante successiva dichiarazione da presentare utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini di accertamento stabiliti dall’art. 57 DPR 633/72.

 

Vendite a distanza di beni soggetti ad accisa

L’art. 4, c. 1 lett. b) DL 331/93 esclude espressamente le vendite a distanza di beni soggetti ad accisa dalla disciplina sopra esposta.

Dagli artt. 3233 e 34 Dir. 2006/112/CE si desume che per i beni:

– non soggetti ad accisa, trasportati o spediti in ambito intracomunitario dal fornitore o per suo conto, l’operazione si considera territorialmente rilevante nello Stato membro di destinazione (art. 33) a condizione che l’ammontare delle vendite effettuate in tale Stato nell’anno solare precedente e in quello in corso sia superiore a € 100.000,00, o all’eventuale minore importo stabilito dallo Stato membro di destinazione (artt. 33 e 34);

– soggetti ad accisa, se trasportati o spediti in altro Stato membro:

  • dal fornitore o per suo conto, sono territorialmente rilevanti nello Stato membro di destinazione, a prescindere dal superamento o meno della soglia (artt. 33 e 34 par. 1 lett. a);
  • dal cliente o per suo conto, sono territorialmente rilevanti nello Stato membro di origine, vale a dire nel luogo in cui i beni si trovano nel momento della partenza del trasporto o della spedizione (art. 32).

Pertanto, come precisato dal MEF nella risposta all’Interrogazione parlamentare 19 marzo 2015 n. 5-05068, l’eccezione prevista dalla norma nazionale per i “beni diversi da quelli soggetti ad accisa” deve essere intesa nel senso che solo per questi ultimi si applica la soglia di € 100.000,00 (o la minore soglia stabilita dallo Stato membro di destinazione) ai fini dell’individuazione del luogo impositivo.

Per i beni soggetti ad accisa, invece, l’operazione si considera territorialmente rilevante, in alternativa:

  • nello Stato membro di destinazione, se il trasporto o la spedizione è effettuato dal cedente o per suo conto;
  • nello Stato membro di origine, se il trasporto o la spedizione è effettuato dal cessionario o per suo conto.

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